Dibattito sul futuro del Pri Il vero guaio dell'Italia è il suo sistema bipolare Il nostro Segretario Nazionale ci ha stimolati a esprimerci sul destino (cammino mi sembra riduttivo) che dovrà scegliere il Partito nei prossimi mesi. Vorrei raccogliere questo stimolo. Tralasciamo la storia e la cronistoria degli avvenimenti, degli errori e delle disgrazie che ci hanno portato a questo momento. Li conosciamo tutti molto bene. E poi, più che guardare indietro, piangere, rimpiangere, accusare e rivendicare a me piace riflettere e guardare avanti, recuperare lucidità, logica e orientamento, e proseguire. Tutto il resto è perdita di tempo, di forze e di risorse. In questo momento di egoismo imperante nella società, è nostro preciso dovere avere la forza di smarcarci da due schieramenti che nulla hanno a che vedere con le caratteristiche peculiari del nostro sentire. Da una parte vige un credo che si incarna nella smania di apparire più che di essere , che si identifica nella civiltà dell'immagine vuota (possibilmente televisiva) e nell'edonismo egoistico senza scrupoli fine a se stesso, che considera l'illegalità come una sorridente furbizia. Il tutto appesantito da una consistente frangia che pratica un ottuso clericalismo antimoderno. Dall'altra impera incontrastata la religione del diritto, la rivendicazione dell'ozio e della comodità come sistema di vita, il pecoronismo come massima aspirazione, il piagnisteo o la lotta come arma di miglioramento sociale, la voglia di cancellazione della parola dovere dal vocabolario italiano, il tutto condito da un dannoso buonismo ipocrita ancorché non peloso. La nostra tradizione è fatta invece di doveri, di idee e di lungimiranza, di impegno e di sobrietà, di libertà personale e di indipendenza di pensiero, di fiducia nell'intelligenza e nel lavoro. Cosa abbiamo dunque da spartire noi con i due blocchi politici che incombono e spadroneggiano nella vita politica italiana? Nulla. Nessuno dei due blocchi ci assomiglia, ci appartiene, ci merita e ci accetta. Ma allora quale altra via ci rimane? Una sola: la via indicata dalla Costituzione. La Carta costituzionale ci indica e ci spiega molto bene che non esiste libertà o diritto (individuale o di gruppo) che non comporti dei doveri da rispettare e da far rispettare. La Costituzione figlia naturale, riconosciuta e legittima di quella Romana del 1849. Quindi sta a noi, per il nome che portiamo e la tradizione che rappresentiamo, riaprire una nuova stagione per la politica italiana basata sui doveri e sui valori. Sta a noi più che ad altri, perché siamo eredi di Mazzini. Sta a noi dire ai cittadini cose scomode che non vorrebbero sentirsi dire, perché siamo eredi di Ugo La Malfa, la Cassandra. Sta a noi dire cose intelligenti ed innovative perché siamo eredi di Spadolini. Sta a noi difendere la Costituzione italiana dai due blocchi che la stanno corrompendo e sommergendo perché siamo repubblicani. Ma per fare questo dobbiamo avere le mani libere, non dobbiamo avere compromessi o ringraziamenti da ricordare nelle feste comandate o nei momenti importanti, non dobbiamo avere remore ad esporre le nostre idee, non possiamo e non dobbiamo avere condizionamenti di destra o di sinistra. E, badate bene, che questa sarà la vera novità nel campo politico italiano. Sarà il vero modo di distinguersi e di farsi notare. Sarà la vera ventata di aria fresca che spazzerà via le nebbie mefitiche che ristagnano sulla morta gora che minaccia di inghiottire l'Italia. Sarà difficile. Certamente, e sarà pure un cammino lungo. Ma sarà certamente un cammino che vale la pena di intraprendere e (ri)percorrere. Sarò forse troppo ottimista, ma ritengo, sono sicuro, che tra i cittadini, più che tra "la gente", ci sono tanti eroi normali (quelli che vivono giornalmente del proprio lavoro, non di quello avuto o procurato per meriti di tessera o appartenenza ) che non aspettano altro che sentirsi dire queste parole, che qualcuno si alzi e abbia il coraggio di parlare con le loro parole. In Italia ce ne sono ancora molti, molti più di quanti noi pensiamo. O vogliamo che, in mancanza di alternative, finiscano nelle braccia di Di Pietro? (che abilmente si è impadronito di un tema - la legalità - che doveva essere nostro patrimonio, e, al di là di ogni altra considerazione, la sta cavalcando con grande profitto). Fino a ieri era d'obbligo solo il pessimismo, ma la crisi mondiale del capitalismo senza freni e l'elezione di Obama, che, guarda caso, parla il linguaggio del dovere, stanno aprendo nuove prospettive. Potrebbe persino trovare nuovo seguito l'idea mazziniana del "Capitale e lavoro nelle stesse mani"! Sarà dura, difficile, nessuno se lo nasconde, ma solo per questioni contingenti e tecniche. Sappiamo tutti che senza rappresentanza non c'è accesso ai media e senza media non c'è consenso, non ci sono voti. Ma questo non ci deve far andare contro la nostra natura, sradicare le nostre radici. Alla lunga è dimostrato) è deleterio. La schermaglia tattica della sopravvivenza quotidiana non deve avere il sopravvento sulla strategia di lungo termine. Le difficoltà tecniche ed immediate ci sono, ma si dovranno risolvere tecnicamente, senza intaccare il patrimonio delle idee, dei principi, che è l'unico patrimonio che ci rimane e, purtroppo, non rinnovabile. E' l'unico patrimonio che ci permette di fare un investimento sul futuro. E' l'unico patrimonio dei repubblicani. Di repubblicani o potenziali tali in giro per l'Italia ce ne sono tanti, di gruppi più o meno organizzati e numerosi che non chiedono di meglio di mettersi insieme pure. E' doveroso, laicamente e con buona volontà, superare le miserie che impediscono di riunirsi, che impediscono di contare di più e di ottenere quella visibilità che solo riuniti ci verrebbe riconosciuta, per diritto, non pietita o, peggio, pelosamente concessa. Dobbiamo (re) imparare che le cose ce le dobbiamo prendere, guadagnare. Come? Con l'iniziativa. Individuale, di Sezione, Regionale, Nazionale. Un bell'esempio, importante e pregno di speranze, ma ahimè senza seguito, fu il Convegno milanese del 26 - 28 ottobre 2007 per la Costituente Liberaldemocratica. Per la verità l'impegno a questo passo fu ribadito in una mozione del C.N. del 30 - 31 maggio 2008 ed in una successiva lettera del Segretario Nazionale in data 5 giugno. C'è stata la mossa apprezzata del passaggio dei nostri parlamentari nel Gruppo Misto. Poi ….la timidezza. Ma, specialmente in questo momento, la timidezza è un lusso che non possiamo permetterci. Decisione ci vuole. Decisione e lungimiranza nel proseguire nel cammino liberaldemocratico. Manca all'Italia una cultura liberaldemocratica di stampo europeo. Che faccia della laicità un presupposto naturale, che si batta per le regole di uno Stato di diritto, per l'estensione delle libertà del cittadino, che guardi ad una politica di rigore e di legalità, tesa allo sviluppo economico e al progresso civile del Paese. La democrazia liberaldemocratica, quella vera, nel medio periodo, non può rimanere un dettaglio politico. Se praticata con gli strumenti giusti, col dovuto aggiornamento comunicativo, e con un programma serio ed efficace, saprà fare breccia nell'Italia più europea, più colta, più avanzata, più desiderosa di novità. Ci auguriamo di ritrovare al nostro fianco tutti coloro che si riconoscono in questo progetto, nella chiarezza e nella coerenza di una posizione di netta autonomia dagli schieramenti. Se vogliamo che le nostre idee, i nostri principi la nostra storia e le nostre capacità non muoiano dobbiamo essere pronti e capaci di trasferirle in un nuovo soggetto, un nuovo contenitore politico che, senza rinnegare nulla del passato, anzi rivalutandolo, sappia parlare con un altro linguaggio ed un'altra forza al Paese e, in particolar modo, ai giovani. Un soggetto che sappia farsi ascoltare, cosa che, purtroppo, oggi non capita a nessuna delle anime repubblicane disperse… E in questo senso noi intendiamo che la partecipazione anche del Partito Repubblicano deve essere vincolata a chiare scelte di autonomia che, ad oggi, ancora non vediamo. La svolta davvero risolutiva per il Paese in generale, è che il sistema deve cessare di essere bipolare per diventare multipolare. Solo attraverso una diversa articolazione del panorama geopolitico italiano è possibile riequilibrare le forze. Solo staccando il centro dalla destra e dalla sinistra la politica può contare su più offerte e più qualità di governo. Tradotto in termini pratici significa che bisogna essere pronti a recuperare i molti elettori del centrodestra che votano "contro i comunisti" e degli scontenti/costretti nel centrosinistra che votano in odio a Berlusconi, con una struttura e programmi adeguati. Cerchiamo di evitare, ancora una volta di farci sorprendere dagli avvenimenti come troppo spesso è accaduto negli ultimi anni. E questo non sembri puro e cinico opportunismo: è semplicemente politica. Per questo il progetto liberaldemocratico è utile. Per questo credo che esso verrà capito dai cittadini, che aspettano oltretutto novità vere dalla politica. Per questo chiedo pertanto all'attuale dirigenza del partito di dimostrare la forza, la capacità e la lungimiranza di consegnare la grande tradizione repubblicana ad una nuova generazione di repubblicani e liberaldemocratici. Anselmo Gusperti, Pri Cremona |